Oggi ricorre la Giornata delle zone umide di importanza internazionale – World Wetlands Day – che coincide con i 50 anni dall’adozione della Convenzione di Ramsar, firmata in Iran nel 1971, la quale fornisce agli Stati membri le direttive per la salvaguardia di questi habitat così fragili e preziosi per il patrimonio biologico della Terra.
Alleate contro i cambiamenti climatici, scrigni di biodiversità, le zone umide rappresentano ecosistemi essenziali sia per le numerosissime specie vegetali e animali che da esse dipendono, sia per la sopravvivenza di noi esseri umani.
Eppure i dati del SOER Freshwater 2020 non sono affatto positivi: in Europa le zone umide risultano ampiamente degradate, in declino per estensione e qualità a causa di agricoltura intensiva, abbandono delle tradizionali attività agro-pastorali, alterazione degli equilibri idrici, inquinamento (dovuto anche all’uso dei pesticidi), invasione di specie aliene, urbanizzazione e sviluppo d’infrastrutture. A livello mondiale nell’ultimo secolo la Terra ha perso più del 60% delle sue zone umide.
Rifugio per oltre 100 mila specie d’acqua dolce conosciute, le zone umide sono i più efficaci serbatoi di stoccaggio del carbonio del Pianeta e hanno un ruolo significativo nel contrasto agli effetti dei cambiamenti climatici: capaci di immagazzinare le piogge in eccesso e mitigare gli impatti delle inondazioni, come le pianure alluvionali; in grado di preservare endemismi e peculiarità dei paesaggi montani, come le sorgenti e i laghi d’alta quota.
In Italia ad oggi se ne contano 55, distribuite in 15 regioni, ma è in corso la procedura per aumentare il loro numero e riconoscerne ulteriori 10.